la mia macchina

di claudia bruno

la mia macchina oggi l’ho guardata. è zozza c’è la polvere e tutto, non le manca niente. tranne l’acqua per i tergicristalli. anzi no, ce n’è sempre uno sputo, quel poco che basta per pasticciare meglio i ghirigori che gli alberi ci lasciano sopra. le ammaccature invece le ho fatte tutte io, mentre iniziavo le storie che poi non ho mai scritto. non sono cose che si concretizzano in retromarcia dentro un garage, e una volta che torni alla luce te ne sei già dimenticata. nella mia macchina ci trovi l’impossibile. ti serve un ombrello rotto? lo trovi. ti serve una gomma da masticare? la trovi già masticata addirittura, se cerchi bene ne trovi tante, avvolte negli scontrini e nei ticket dei parcheggi dalla parte dell’orario. nella mia macchina puoi trovarci anche: indumenti salvaumido, scarpe riposapiedi, sciarpe proteggicollo, cappelli previeniemicrania per le serate incerte. c’è poi il mistero delle latte di pelati scivolate via dalle buste della spesa e delle bottiglie d’acqua iniziate in mezzo al traffico e rotolate accanto ai pelati. il sotto dei sedili è un po’ così nella mia macchina, inghiotte tutto e tutto quello che ci passa non torna. da qualsiasi parte la infili, la mano comunque non trova: il sotto dei sedili è molto ghiotto. restano invece foglie secche, ciddì, terra e sabbia in ordine sparso. un ombrellone arrugginito? c’è. una sedia da regista? c’è anche quella. telo da mare, telo da picnic, sporte sportine e salva freschezza, presenti. la mia macchina è piccola ma non chiude le portiere in faccia a niente. sulle strade di notte le dico forza non ti fermare, e poi le dico brava. certe volte ci parlo con la mia macchina. certe volte le canto le canzoni, quando si perde soprattutto. perché alla fine conciate così magari non sembreremo il massimo ai semafori in città, ma siamo simpatiche, andiamo d’accordo. ora che ci penso la mia macchina non è neanche mia, prima era di un altro e adesso è presa in prestito. non che a me importi di possederne una, ma ho sempre il timore che mi lasci o che sparisca. senza di lei mi resterebbero le gambe e neanche un autobus per dove vivo. e non potrei più guadagnare niente, né in soldi né in soddisfazioni. e allora sarebbe un bel guaio, le dico. anche oggi glie l’ho detto quando l’ho guardata. è stato lì che mi ha risposto, mi ha detto tu non stai tanto bene.

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Illustrazione: Armand Vallee, La Vie Parisienne, 1920

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